Carta di cuori - Ancona
MOSTRE > 2020
CARTA di CUORI, ovvero: se con la carta volessi dire “cuore” o delle “disovvietà” di un sostantivo.
Che tanto malamente sovraccarichiamo d’aggettivi e significazioni che poco poi significano; che in rima, oppure no, usiamo senza cura.
Che sacro eleviamo agli onori d’altari e cronache profane; che vezzeggiamo e tradiamo: e così eleggiamo o declassiamo a sala del trono, alcova o boudoir, a sala dei trofei o solo ostello, o solo sgabuzzino … perché si sa: la lingua batte … dove il cuore duole.
Che gettiamo come usata cosa o schiacciamo come cicca.
Che ostentiamo come un diritto o che spesso, come polvere, nascondiamo sotto il tappeto delle convenienze.
Che compriamo (o così vorremmo), ma non vendiamo (o così ci pare); noi che ne sbandieriamo le ragioni… che la ragione non conosce - è di Pascal! - e che a volte non vuole comprendere… sarà pur di qualcun altro!
Che non sempre ci fa dormire e che, maldestri più che tenaci, difendiamo dai dardi di Cupido (il nostro), ma che assaliamo all’arma bianca e fin con frodi e tradimenti (se d’altri): tanto più sia lontana, inespugnabile, aliena turris eburnea.
Che spudorati dichiariamo ricco come uno scrigno raro, accogliente come un nido ma generosamente vasto tanto da non avere abbastanza mani per tenerlo, e fragile e puro come cristallo (il nostro) - quand’è, per contro, avido (se d’altri) e arido (se d’altri) e vile (se d’altri) e duro come pietra (se d’altri) e “senza cuore” (se d’altri): fin questo arrivando a dire!
Che vestiamo di verità o menzogna, alla bisogna; che esponiamo alla gogna dei risentimenti; che offriamo per voti e giuramenti; che pure usiamo per ricatti; che armiamo di fede come anche di furore, di rancori mai sopiti … perché si sa: la lingua batte … dove il cuore duole.
Che laviamo con lacrime, che sporchiamo di rimorsi; che usiamo per fatuità e che per fatuità abusiamo; che consumiamo come scarpe battendo i marciapiedi di incontri inutili.
Che deprediamo, come neanche uno shopping in Black Friday, di tante bellezze e poesia; ma che - non è in fondo solamente un muscolo! - ammaliamo con lusinghe (il nostro più che l’altrui) e pertanto, con orditi che neanche un paziente ragno… eccoci a tessere micidiali trappole in aeree eleganti trame e, come fosse il dernier cri de la mode: vai di coccarde, vezzi di nastri e aeree trine, fragili fornimenti di valenciennes!
È questo e tant’altro ancora il cuore: che mandiamo in pezzi - mille! … convinti che poi il dottore saprà ridargli i giusti battiti! che anche affidiamo a divinazioni di cartomanti, a filtri, elisir di fattucchiere … ma non sempre come fenice risorgerà… ancora, infatti, si può morir d’amore!
È questo e tant’altro ancora il cuore che… come fosse una meringa o un vol-au-vent, una pastiera, un tramezzino o ‘nu bbabbbbà, vorremmo divorare… più che mangiare di mille baci… di mille baci e cento e ancora mille - Catullo, perché no!
Questo cuore che - wunderkammer di stupori - cerca cerca cerca, fruga fruga fruga, scava scava scava, ancora regalerà mazzi di tarocchi e alamari, farfalle o ragnatele, rubini e fiabe, arcobaleni, emozioni e bambole e arlecchini, bottoni e fiori, versi e fazzoletti, biglie colorate, perle, baci e incantamenti e tramonti, coriandoli, un gallo, dieci uova un giornale o ciò che vuoi… bianche colombe che ne volino via tra note e luci… e candido un coniglio, che nemmeno dal cilindro di un illusionista… eppure… eppure… eppure… cuo-RE o cuo-REGINA esso sia: mai di tanto saremo consapevoli.
E io di mio, con carta, forbici e poc’altro, con questi cuori miei, nuove disovvietà porgo a chi voglia!
Grazie... di cuore... ça va sans dire! GUIDO